La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

venerdì 25 settembre 2015

La città di Gentucca (un po' dietro l'angolo, in San Francesco)



Si deve scendere in basso, nel Giudizio Universale di Deodato, per trovare, dannati a destra ed eletti a sinistra – re vescovi abati monaci profeti e quant'altro – il popolo della città di Gentucca, nudi cadaveri, resurrezione della carne da discoverti avelli, casse viste per i Morla, un po' dopo. E anche defunti abbigliati, vesti perse nella terra se non per i fili del damasco e i maspilli di bronzo; rispetto per fanciulli troppo presto sottratti alla città forse non più di Gentucca, in quegli anni, ma dei Signori e dei Pisani.
Dalla terra, come gli uomini e le donne della città di Gentucca, la fatica degli scavi e l'impegno degli archeologi fa riemergere, narrate in pagine 144 tutte a colori, benignamente offerte ai pellegrini in San Francesco, storie del Trecento, voltato l'angolo, nel secondo chiostro.

sabato 19 settembre 2015

Storie di piombo, storie di carta





Dall’estate del 2014 è in corso un impegnativo intervento di ‘archeologia preventiva’ nell’area in cui è in corso di completamento il segmento orientale della viabilità d’accesso all’Ospedale San Luca, fra San Filippo e Antraccoli.
La fitta sequenza di ritrovamenti avvenuti nell’area dell’Ospedale – presentati nel percorso espositivo allestito nell’atrio oltre che nel volume Anamorfosidi un paesaggio. Gli scavi dell’area dell’Ospedale San Luca e la storia della Piana di Lucca dagli Etruschi al Novecento – ha infatti imposto l’apertura di una serie di saggi e il successivo scavo sistematico, tuttora in corso, delle presenze archeologiche individuate, come premessa imprescindibile alla costruzione della strada.
Lo scavo archeologico è condotto con la direzione scientifica della Soprintendenza Archeologia per la Toscana, ed è affidato al gruppo di lavoro selezionato dal Comune di Lucca, diretto da Alessandro Giannoni, con la collaborazione di Elena Genovesi, Ilaria Rinaldi, Enrico Romiti e il prezioso supporto di uomini e mezzi del Centro Pavimentazioni Stradali. Gli oneri dello scavo sono interamente a carico del finanziamento del lotto stradale.

Le infrastrutture di servizio, le opere agricole, i sepolcreti che sono in corso di scavo da ormai più di un anno si stanno profilando con particolare consistenza, e integrano in misura significativa le evidenze archeologiche già messe a fuoco nella vicina area dell’Ospedale. Non è mancata la sorpresa, tuttavia, quando si è iniziato lo scavo di due tombe d’età romana venute in luce nella prima fase delle indagini e sotto la protezione detta ‘a cappuccina’ – formata da tegole poste a 45° – di una di queste è affiorato un sarcofago in piombo.
L’impiego di questa particolare classe di contenitori funerari non è raro, in assoluto.
La pratica di proteggere le salme affidate al terreno collocandole in una cassa formata da lamina di piombo opportunamente ripiegata e saldata, sigillata da un coperchio costruito nello stesso modo, fra III e IV secolo d.C. si diffonde infatti nelle province occidentali dell’Impero Romano dal Medio Oriente, dove era già ampiamente attestata in Siria e in Palestina, anche con una produzione arricchita da decorazioni. L’uso è citato anche in alcuni casi di sepolture di martiricristiani delle persecuzioni degli anni intorno al 300 d.C. e vi si ricorrevaanche quando si progettava di trasferire la salma in luoghi remoti da quellodella morte, data la protezione garantita dal contenitore in piombo – un po’ come le casse zincate dei giorni nostri. Nelle province occidentali dell’Impero Romano un recente censimento registra più di 600 casi, fra Spagna, Francia,Belgio, Gran Bretagna, e anche nell’Italia Settentrionale non mancano attestazioni, seppure meno frequenti. A Roma e nell’Italia peninsulare, invece, i ritrovamenti di sarcofagi in piombo sono rarissimi, tanto che lo scavo di due esemplari a Gabi, nella campagna romana, ha suscitato un notevole interesse mediatico.
In Toscana la pratica era sin qui addirittura sconosciuta, se non per antiche e spesso enigmatiche o ambigue memorie di ritrovamenti di sarcofagi in piombo. Fra queste spicca la citazione del ritrovamento di un contenitore in piombo, avvenuta nel 1477 fra Firenze e Fiesole, nell’area sepolcrale menzionata in opere manoscritte di umanisti soprattutto per il ritrovamento dell’iscrizione della Remnia Primigenia, una ‘fabbricante di corone’.
I pochi dati sin qui disponibili confermano che la tomba con sarcofago in piombo dovrebbe essere datata intorno al 400 d.C. Il ritrovamento nello scavo di Antraccoli-San Filippo, quindi, getta nuova luce su un periodo – la Tarda Antichità, cioè gli anni compresi fra il 300 e il 500 circa d.C. – in cui Lucca era divenuta una piazzaforte sullevie che dall’Italia Settentrionale portavano a Roma, disegnando un sistema stradale che per molti aspetti anticipa la medievale Via Francigena. Si può immaginare che siano state le necropoli delle città dell’Emilia da cui partiva la strada transappenninica che si concludeva a Lucca ad offrire il modello, giacché è proprio questo territorio a presentare, per il momento, la massima concentrazione di sarcofagi in piombo in area italiana.
La rimozione e il trasporto del sarcofago sono stati realizzati secondo il progetto messo a punto da Stefano Sarri, del Centro di Restauro della Soprintendenza, che curerà anche l’apertura della cassa e il successivo restauro.
Ovviamente è nei progetti che il ritrovamento vada ad arricchire il percorso espositivo nell’atrio del San Luca, aperto in veste provvisoria nel novembre 2014, e che verrà prossimamente integrato con nuovi reperti, che ne faranno un vero e proprio museo archeologico di questo lembo del territorio lucchese.

venerdì 11 settembre 2015

Chiare e fresche acque del Serchio (ritorno a Bacciano)



Quanti anni, 16 17 18, per ritornare a Bacciano, guglia di pietra con vista fiume e accesso al ponte, magica immagine di acque gorgoglianti sulle ghiaie del Serchio nelle fotografie perfette di Paolo con Silvio.
Casetorri di signori di ponti e di strade, che arrotondavano con coniazioni di comodo, albergavano e taglieggiavano viandanti sulle vie che dal fiume vanno al mare (alla via Francigena, si decanta).
Nella luce di acque che sfiorano pile di ponti medievali, quiete nell'ombra, anche le pentole infinite di Isola Santa, zuppe minestre e un po' di spezzatino per prepararsi all'ascesa al Mosceta, rifocillarsi in discesa, divengono poesia di giorni di Garfagnana, A.D. 1200 (come si direbbe oggi).

Lettori fissi