La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

sabato 23 luglio 2011

Il guerriero sull'Arno



È generosa di storie sepolte, enigmi talora facili talora ardui, la Terra dei Quattro Fiumi, in questi giorni di un'estate che ha i colori del vento di primavera.
E muove le pale dimenticate, a Pontedera, il vento del mare, mentre Sara si piega a incontrare, con gli strumenti del suo sapere e del suo coraggio, le tombe della comunità che viveva sul grande fiume della Toscana negli anni in cui l'ultima propaggine della comunità di Pisa incontrava i Longobardi che andavano e venivano dalle Terre di Là dal Fiume, verso la Maritima, sognando la preda di Roma, meravigliosa seduttrice con gli ori e i tesori da trasformare in paccottiglia con cui addobbarsi, con i poveri schiavi con cui far fruttare le poche terre scampate alla furia delle acque.
Sogna di Vico Asalfi o Asulfi, nome perduto in qualche documento dei vescovi di Lucca, gran traffichini di terre e prebende, nel secolo IX e anche prima e anche dopo, l'Archeologo Zio, mentre Sara celebra, incidendo sax e vasi, orecchini e ossa, la sua tranquilla gloria. Storie del secolo VII, non raccontate da Paolo Diacono né da Secondo, solo intuite nell'ombra dei documenti di cento e più anni dopo, forse sognate più che intuite, specchiate nella massa amorfa che oggi è il sax che faceva gloriare il misero Longobardo o il Romano di Pisa che s'agguagliava ai guerrieri di fare minacciose, che attraversavano l'Arno sotto i suoi occhi, guidate da duces crudelissimi, andando a far preda verso la sala antiqua di Rosignano, Asilacto, la Maritima desolata di città, e chissà cosa.
Sogni, nel vento che carica i girasoli solitari.

giovedì 21 luglio 2011

Gli Etruschi di terra e ciottoli: l'aggere della Murella tagliato a lucido


Terra e pietra, fra le acque dei due fiumi, scandite in strati rigorosi, che Paolo rimira al termine di annue fatiche, e Silvio festeggia. Storie comprese dopo cinque anni, quando il taglio si fa perfetto, seziona l'accumulo di ciottoli appena sfatto da duemilacinquecento anni di tempeste, e soprattutto dall'opera dell'uomo, e il manto di terra consolidato dal fuoco di foreste, sottile velo nero che separa l'opera dell'uomo da quella dell'ambiente.
E di nuovo la foresta antropica che ricopre l'informe mucchio di pietre.
L'aggere che gli Etruschi tracciarono, con terra e ciottoli e forse legno, per chiudere l'angolo fra il grande e il piccolo Auser, suona finalmente di colori, storie di età tardoarcaiche ricucite dalla pazienza dell'archeologo di montagna.

domenica 17 luglio 2011

Tramonti d'estate, pomeriggi di birre etrusche



Si rinnovano i riti d'estate, nella Terra dell'Auser e nelle Terre d'Etruria, le Notti dell'Archeologia.
All'interminabile tramonto che carica il granturco ormai pieno e le Apuane, la Terra della Fanciulla di Vagli, segue la notte delle F e delle H, con l'Amico Professore e l'Amica Assessore a celebrare congiunte fatiche nella terra di Orentano, dove il lago specchiava castelli perduti sul filo di porti fatti di tettoie di legno e d'ardesia, per far asciugare il ferro dell'Elba, prima che salisse alle fucine di montagna. E i neri denari di Pisa e di Lucca a scivolare sul fondo del lago, dopo aver visto gli scambi di vino e di ferro, di vasi e di navi registrati dai gabellieri di Bientina, con i misteriosi segni che il Professore di Udine e di Padova svela nel bollore di una sera d'estate in un museo bagnato di luci. Il Duecento di Montaperti e dei Guelfi e dei Ghibellini, trascritto in tondelli opachi carichi di luce in un attimo, e di nuovo poi bui.
E poi, ancora amici, ancora di meno, nel pomeriggio di Montopoli, a rammentare l'Amico che vedeva dal cielo i segni dei fiumi, i Quattro Fiumi che l'Archeologo Zio riconosce come suoi, memore della lezione del Poeta di Lucca e di Alessandria, l'Era e l'Arno, l'Auser e l'Arme, fiumi vitali e di più, come è nell'archeologo, fiumi perduti.
E celebra la birra etrusca, sognata come solo gli archeologi sanno sognare la storia, l'alica degli Etruschi di Pisa, dolciastra e imbevibile (forse) come le birre analcoliche di qua e di là delle Alpi, sapide di orzo, povero fratello del dono di Dioniso. Il poculo forma qualcosa riconosciuto dall'Archeologo Giovane nella massa di buccherastri informi, trovato intero una volta o due in trent'anni di carriera, gli si svela turgido di spuma d'orzo, intrecciando la sapienza dei maestri del bryton e i rituali incomprensibili dell'alica, l'alica di Pisa e i flussi di penetrazione delle anfore nei contesti valdarnesi del VI secolo a.C.
Gambrinus in Etruria, la bevanda dei contadini che nelle capanne sui fiumi della Terra dei Quattro Fiumi attendevano un'alba faticosa come quella del giorno appena trascorso, e fra farro e frumento e spelta ricavavan di che dimenticare, sul far della sera, le fatiche del giorno d'estate.

mercoledì 13 luglio 2011

Gli orecchini della morte, nel giorno del ricordo della vita e della morte






Sono giorni di ricordo, questi di luglio, per l'Archeologo Zio, di quando era (Giovane) Archeologo Figlio; cento anni e venti, tutti in un giorno.
E Sara che con il taglio del chirurgo sviscera terra e ossa, sull'Arno, dove passavano i legni per i dromoni di Pisa, e Grimarit o Comecavolosichiamava traversava le acque per andare a tormentar Cerbone, trova i segni dei testimoni di quegli anni, ornamenti di Romane del villaggio sul fiume, boccaletti in memoria degli antichi riti della terra, tombe in serie come nelle comunità della Maritima.
La morte e la vita, nel giorno della memoria per l'archeologo che dedica in questo giorno gli Anni di San Frediano «a chi forse li avrebbe sfogliati volentieri».

lunedì 4 luglio 2011

Chome lo Archaeologo andoe a Luccha per veder li pozzi (ovvero: viaggiare con il Sercambi)






Nuovi e misteriosi segni del suolo, vie tra l'Uomo e l'Abisso, scopre il Giovine Archeologo  con l'Archeologa Meravigliosa dove la Repubblica teneva a candir gli Aranci. E curioso l'Archeologo Zio, che è anche e soprattutto Archeologo Inferiore, muovesi (o vorria muoversi), canuto e stanco, a vedere mille e più anni di storie sognate e vissute volte infinite dischiudersi, inqiuietanti Penetrali della Terra e della Storia, attese di oracoli pizi degni dell'ermeneutica robertiana e dei settatori suoi, avvezzi a' miti rinfrescati da Isidoro di Siviglia e Contubernale di Caesaraugusta.
E dunque ritorna alle pagine tardogotiche del Sercambi – colori un po' sbiaditi della città fintocupa e fintoallegra di Pagolo Guinigi, tutta nel sorriso torbido di Ilaria – per programmare il viaggio. Non rombanti veicoli sfatti dai chilometri infiniti percorsi sule ghiaie e sulle Depressioni del Padule: son tornati di moda e di circolare i Pellegrini del Medioevo, allegri e festosi, un bel cappuccio per parar lo Caldo e lo Freddo, la botticella e il fagotto con tutto quel che serve per andar da Santiago a Gerusalemme; e a loro s'accoderà l'Archeologo Inferiore, sperando e sognando le avventure del Sercambi nei perigliosi passi di Valdinievole, dove lupi cignali malandrini maliscalzoni s'alterneranno in notti da dormire svegli. E al quarto giorno le meraviglie dei Pozzi e dei Pozzetti, segni della Vita ricavata dalle viscere della terra, segni della Vita Conclusa affidati alle viscere della Terra, fidando negli Spedali de' Poveri Pellegrini.

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