La città di San Frediano. Lucca fra VI e VII secolo: un itinerario archeologico

lunedì 31 gennaio 2011

Le buche e gli alvei (oppure: i Fiumi di Marcello)




Non sono i braided rivers dell'Alaska quelli che Marcello vide cercando l'Auser, ma dalle fatiche di Elisabetta e Serena, Maila e Patrizia, Silvia e tanti altri, sgorgano, tra ghiaie e ciottoli, le acque sulle quali navigava chi viveva nelle Buche ripiene di Buccheri, contadini del VI secolo a.C., Pamu e i suoi compagni. E l'intreccio di alvei che si placa nei meandri e nella paludi, dove Capanne con Buche popolano paesaggi ritrovati tra sogno e coscienza.
Avrebbe scherzato, con una battuta delle sue, Marcello, su tante meravigliose archeologhe che si arroventano ad estrarre schegge di olle d'impasto con inclusi microclastici, per dare un'età alle ghiaie trovate all'inizio della calda stagione dell'anno in cui avremmo ricordato il suo viaggio nei luoghi da cui la Terra è più chiara, per chi, come Lui, lascia affetti, simpatia, stima. E non si sarebbe stupito, di aver visto, nel rosso che oggi diviene bianco, le ghiaie sepolte, il fiume che ci guida di nuovo, in un viaggio nella Terra dei Quattro Fiumi, fra Granchiaia e Chiarone, Nacqueto, Fossa Due e Melorie, alla ricerca di un passato che ci fa vivere le immagini del presente.

giovedì 27 gennaio 2011

Buccheri & Buche



La Buca che genera il Bucchero, il Bucchero che dà luce alla Buca, negli anni del Vi secolo a.C., di pirati e mercanti focesi sui mari del Tirreno, di Etruschi che navigano, di Etruschi che vedono sorgere magre spighe da una terra sottile striscia fra acque fluenti e acque stagnanti, nella Terra dei Quattro Fiumi, dove le vie delle monossili diluiscono le vie delle penteconteri, e Pamu incide una coppa prodotta da un povero vasaio di Pisa, mentre sognava Ergotimos e ammirava forse un cratere destinato a Vix.
Il vecchio archeologo che ripete esausto e sfinito i sogni di trent'anni fa, quando vedeva apparire un nero inatteso dalle argille del Valdarno o dalla sabbie della Terra dell'Auser, si ritira salutando le pie donne e i cari amici che hanno condiviso la fatica della Granchiaia, pensa a Carlo che è ancora con noi, con vipia herminai e le sigle dei vasai di Gello, e Marcello che ha lasciato il rosso dei fiumi sepolti a memoria dei suoi sogni, e passa la mano a Francesca, archeologa perfetta colta erudita, ai suoi sogni che s'arrotondano sulle olle d'impasto con inclusi microclastici e s'affinano sulle carenature più o meno squillanti delle coppe del povero bucchero che un tempo fu nero, poi divenne grigio.

domenica 23 gennaio 2011

Il gruzzolo del Lucchese del Seicento



Dieci anni fra poco dacché Susanna scendendo negli avelli del San Martino estrasse fra i Segni della Morte i Segni della Devozione e i Segni della povera Mammona di un povero Lucchese del Seicento; e poi le fatiche laboriose di Rita, per lucidare i Segni, e infine le lucide intuizioni dell'allievo del maestro di monete, fra Padova e Udine, per far splendere in chiare sintassi di descrizioni a norma gli aggrumati soldini, duetti, quattrini, poveri spiccioli di Lucca e di Genova, che riduce a tipi del Cinquecento e Seicento, financo leggendovi l'anno.
L'archeologo che ha appreso a fazê renda, e anche tlemosyne (kai ti kynteron allo pot'etles) cuce nell'altra sua vita in pagine e figure le Parole che narrano i Segni, e apprendendo di monete di Lucca che vagano fra Cinque- e Seicento di qua e di là dell'Appennino, con le grandi L e le piccole LVCA, e s'aggrovigliano al castello di Genova, la Porta Soprana che echeggia od è echeggiata dalla Porta dei Borghi, segni di antiche amicizie mai sopite, per nemici comuni vivaci, conclude che alla fin fine il lavoro di Susanna, di Rita, di Lorenzo (e magari anche suo) a qualcuno potrà servire.
E pensa poi al nonno sepolto anni fa infiniti con il borsellino degli spiccioli, lire italiane degli anni Settanta, estremo avanzo delle sue fatiche di zappa, festosa gioia di una vecchiaia che prosegue nel cimitero di Castelfranco.

sabato 15 gennaio 2011

Per gli Amici degli Etruschi di Porcari, in una sera d'inverno a Porcari






Pennellate di rosso come il rosso corso dei fiumi visti da Marcello e dall'allieva sua Consuelo, nella Piana di Lucca o fra l'Era e il Roglio, sono i luoghi della passione vissuti in trent'anni per raccontare a cento e più amici convenuti in un'umida sera d'inverno a Porcari, per far festa agli Etruschi amichevoli della Fondazione Lazzareschi di Porcari, pupazzi allegri, ceramiche pronte ad essere imbandite, navi che solo si attende di veder salpare per le ambigue vie del commercio o della guerra.
Fossa Due, Fossa di qua e di là, vie necropoli strati di terra e di mistero, equivoci intrecci nei quali l'archeologo porta la luce dei casi paralleli, più spesso anche della sua fantasia nutrita sui libri e sui viaggi nel mondo che Google ci mette a portata di mano; e dunque il pianetto di ghiaia con buca davanti diviene un modello, e l'altro lo porgono le suggestioni di Acquarossa, per far risorgere le buche di palo di uno scavo della preistoria.
E il Leponzio etruschizzato in -ale che graffiva il bucchero in un cocuzzolo sul fiume giunge sulla via scandita dai segni del sacro, passando per l'Appennino innevato ai cui piedi Paolo e Silvio in operoso silenzio, seguiti da un'istituzione 'vacante' (dice il Presidente) che infinite volte affronta le vie del fiume, condividono l'entusiasmo delle buche di palo e di fondi di capanna alla Murella di Castelnuovo ...
Vie d'acqua e di ghiaia, per far giungere alle acque dell'Auser i lingotti di aes signatum con ramo secco, per portare felici al termine del viaggio, dove la valle dell'Enza s'allarga verso il Padre Eridano e dal Mare Superiore si giunge all'Inferiore, il Leponzio che si era fatto etrusco.
Ma sono le unghiate incise nella Terra dall'Auser, segni di passione e violenza, il colore in bianco e nero o nel seppia della ghiaia riarsa dall'estate che allegra le archeologhe scottate da giorni infiniti nel sole rovente per scoprire il segno della storia nel segno del paesaggio. Elisabetta e Maila, e Serena, antiche nella loro fresca gioventù di scavi incessanti, Patrizia e Silvia, trovate fra le ghiaie di San Filippo, e Kizzy e Susanna ... è loro la gioia della ghiaia immersa nelle unghiate del fiume.
Cento e più sono gli amici e i curiosi che voglion sapere della storia sepolta, ritrovata in ambigui frammenti ... e dei quaranta che tutto volevan sapere della ghiaia, nella sera in cui tutto avrebbero saputo, non v'ha traccia.

giovedì 13 gennaio 2011

Il Prozac dei poveri lazzari del Settecento, nei giorni delle Emanazioni del Male



Chissà che fine ha fatto il mago Anubi, con i suoi incantesimi per le negatività ... giorni in cui le Emanazioni del Male (oddio, non ci allarghiamo troppo) scaturiscono come polle inverosimili qua e là, nella Terra dell'Auser, dove scorre gorgoglia spumeggia il fiume sulle ghiaie di San Filippo e fra i villaggi etruschi.
L'archeologo avvezzo alle frequentazioni di storie sepolte si stringe, come il contadino di San Martino che sta per ritrovare il degno prospetto alla sua ultima quiete – promesso dall'architetto non più in pdf a bassa risoluzione ma nelle meraviglie del lussuoso tiff – al Prozac del Seicento e del Settecento, la testa di Sant'Anastasio venerata alle Tre Fontane, mutila del corpo, libera dal fardello della carne, capace di dar tregua ai mali dello spirito, che anche allora non dovevano mancare, figli non solo della società dei tempi o dei contesti socio-familiari o socio-sanitari, generati anche dal disagio per sé e per gli altri (spesso per sé). Sacra Famiglia, raggiunta con l'infinita scansione di Avemarie del Rosario, e Sant'Anastasio ... metafora di un percorso dello spirito e della carne, chissà ...
E poi la Vergine di Guadalupe, meravigliosa india del Messico a competere sulla tilma che è anche raggiera con le Madonne d'Italia, devozione del 1680 o giù di lì, venuta dalla Spagna con San Pasquale Bailón e San Tommaso da Villanova e San Giovanni da Sahagún.
Sono anche queste le storie che l'archeologia racconta, e che l'archeologo vuol raccontare, perché i giorni che passa non siano solo ad esorcizzare le Emanazioni del Male. E al Male, San Venanzio ...

domenica 9 gennaio 2011

Segni del fiume e segni della storia



Strani uccelli vagano sulla Terra dell'Auser, astiosi, invidi, ora che le bufale sono finite ... e non vedono, pur volando, i segni del fiume, riemersi dai triboli delle meditazioni, dalle riflessioni tormentose su strati e su cocci, detersi, lavati, visti in un lato e nell'altro, per fare la storia dei paesaggi. L'archeologo vero può e deve fallare, adeguandosi ai dati, e se le ghiaie intrise nella terra e preziose per i segni dell'uomo che le ancorano alla storia rivelano, alla pazienza dell'indagine, i canali intrecciati che le hanno generate, si adegua.
E dunque braided river, direbbero i geologi anglofoni, era l'Auser – o un suo ramo – in questo lembo di piana, nel secolo in cui gli Etruschi vi attingevano acqua, o lo risalivano cercando le vie dell'Eridania che Paolo scopre nel punto in cui le vie dei passi si biforcano.
Cercando sulla rete che tanto agevola chi vuole conoscere, tanto facilita chi vuol farsi conoscere, si alternano immagini e scienza dalla Nuova Zelanda al Messico, e splende in Italia il Tagliamento, per dare il suono dell'acqua ai segni dell'uomo appena distinti nei segni del fiume, nel cuore della Terra dell'Auser, perché chi vuol conoscere le radici del presente possa mettere a frutto le fatiche estive delle archeologhe lucchesi.
E poi a Capannori quindici vetrine per venti secoli, scavi ed edizioni di villaggi dell'Età del Bronzo ed etruschi, di vie dei Romani e degli Etruschi, taverne e necropoli, piombi e bronzi e ferri e semi, affreschi, doli, vetri, ossidiana, e cocci, cocci infiniti impregnati d'argilla e di limo risorti in vasi, per essere testimoni della storia ...  e per la festa di duecento persone, curiose ed appassionate.
E il resto è noia.

venerdì 7 gennaio 2011

Atteone nelle nebbie della Valdera






Nella nebbia che sorge dalle piogge invernali, velo sulle sequenze di colline onde venute dal mare, volano come i pensieri carducciani uccelli che ritornano al mare ... e il ritorno all'acropoli da cui i signorotti etruschi di Terricciola vedevano Volterra città madre e signora, mentre Roma dilatava l'impero e prima che il furore delle guerre civili li cacciasse, si conclude non nella cisterna dell'Ottocento, ma al muro da cui Atteone da due secoli e mezzo ammonisce chi entra nella chiesa erede del castello e dell'acropoli etrusca.
Trentatré anni o più, forse, sono passati dalle rivelazioni delle pagine del Targioni Tozzetti e dalle puntigliose schede del Mariti, anni che han fatto delle memorie del Settecento carte di distribuzione, tipologie ceramiche, scavi di tutela e nell'archivio, modelli di insediamento, dinamiche, e qualche lembo di storia dell'Italia della Tarda Repubblica che si deposita, fra scavi Granio Liciniano Sallustio e Cicerone, sulle colline fascinosamente immerse nel primo buio della notte.
Ma ancora è Atteone, che troppo volle vedere, e fu costretto a vedere, la dea della natura che non poteva e non doveva essere vista nel suo bagliore di forme riflesse dalle acque, il segno estremo degli Etruschi di Terricciola, museificato in situ, come si direbbe oggi, memento perenne della storia remota del castello, e per chi riesce (con i teleobiettivi digitali) a scorgere le corna che lo destinano alla furia dei cani, memento anche per i giorni attuali e futuri. Ma l'archeologo vorrebbe e vuole vedere la dea nuda ...

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